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Dialetto Brianzolo: storia, ortografia e pronuncia

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LA STORIA DEL DIALETTO BRIANZOLO

Il dialetto brianzolo ha origini molto antiche. Durante il periodo romano gli abitanti delle zone brianzole erano gli insubri lambrani romanizzati; in questo contesto il latino ricevette una prima deformazione dal sostrato celtico. Nel medioevo, invece, fu influenzato dalle lingue dei paesi circostanti.

Più avanti, a causa delle dominazioni spagnola, francese e austriaca, che lasciarono notevoli tracce nella lingua italiana, ogni dialetto locale prese una direzione differente. Il dialetto milanese fu contaminato principalmente dal francese, per la maggiore apertura cittadina, il quale influenzò a sua volta i dialetti circostanti. A partire dalla fine dell’Ottocento, tutte le lingue d’Italia ricevettero un piccolo influsso da parte della lingua italiana, dovuto al crescente bilinguismo (italiano e lingua locale), causando, nelle generazioni più giovani, delle perdite del lessico originario.

Il brianzolo, quindi, non è da considerarsi una “corruzione” della lingua, bensì una vera e propria lingua neolatina, visto che deriva da una continua modifica del latino, dovuta anche all’influenza delle lingue delle nazioni che invasero le nostre terre. Le varianti del dialetto brianzolo sono numerose: nella zona di Cantù, ad esempio, si assiste ad una forte influenza del dialetto comasco, mentre a Canzo ci sono delle influenze milanesi in alcune forme del discorso. In alcune zone del cuore della Brianza, come la Vallassina, si hanno influenze mutuate sia dal comasco che dal lecchese, che possono essere più o meno accentuate a seconda delle zone.

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L’ORTOGRAFIA                                                                                                                                                   

Nel dialetto brianzolo, a causa della mancanza dei parametri che fissano propriamente una lingua, si sono sviluppate varie differenti convenzioni ortografiche. La più antica ancora in uso, e probabilmente quella più diffusa, è la convenzione adottata dallo scrittore milanese Carlo Porta. Tipico di questo sistema è il trigrafo oeu per la vocale /ö/.      

Molte convenzioni recenti tentano di:

  • semplificare le regole
  • rendere la lettura corretta del milanese più facile per i madrelingua italiani
  • ridurre il divario tra la forma scritta del milanese e quelle degli altri dialetti lombardi

Parecchi sistemi alternativi usano ü ed ö al posto di u ed oeu, allo scopo di evitare confusione tra vocali milanesi ed italiane. Generalmente riducono anche il numero di accenti utilizzati, spesso eliminando ^.

PRONUNCIA

VOCALI

  • à a chiusa tonica tendente ad “o” (non esistente in italiano): giornài
  • ô come la u italiana tonica: tôsa
  • o come la o italana atona: tosànn
  • oeu come la “eu” francese e la ö tedesca: fioeu
  • u come la “u” francese e la ü tedesca: malumor
  • aa, ee, ii, oo, uu in fine di parola, con suono prolungato e stretto: parlaa, miee, finii, coo, cuu

CONSONANTI

  • b in fine di parola e dopo una vocale si pronuncia “p”: gouebb
  • c in fine di parola si pronuncia come la “c dolce”: secc, vinc
  • d in fine di parola e dopo una vocale si pronuncia “t”: crud
  • g in fine di parola e dopo una vocal si pronuncia come la “c dolce”: magg
  • gh in fine di parola si pronuncia come la “c dura”: figh
  • s’g si pronuncia come “sg” di sgelare: s’giaff, s’gelada
  • s’c si pronuncia “s” aspra seguita dalla “c” dolce: s’ciopp, s’cepà e s’ciena fregia
  • v in fine di parola e dopo una vocale si pronuncia “f”: noeuv, rav
  • z ha il suono di “s” dolce: mezz, zafràn, zi

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